mercoledì 14 ottobre 2009

Il biologico non è ecologico

Dove Eco visita un supermercato di lusso e riflette sul greenwashing imperante

Ho visitato un nuovo supermercato di bio-lusso aperto in città. Si trova nel complesso delle Fornaci[1], quell'edificio completamente rivestito di mattonelle bianche che si trova all'incrocio con viale Crispi. Un cubone che sembra un gigantesco bagno rovesciato come un calzino.

A differenza delle altre botteghe o minimarket biologici sparsi un po' ovunque a Vicenza, la dimensione di questo negozio è quella di un supermercato vero e proprio. Dentro c'è praticamente TUTTO, dalle radici di loto secche alle fasce porta neonato all'africana, ma non mancavano i prodotti più tradizionali, tutti biologici o del commercio equo. Considerevole il reparto di frutta e verdura fresca, nonché quello dei prodotti pronti e dei surgelati. Quello che mi ha colpito, però, è stato il prezzo della merce, al limite del ridicolo (ho visto pasta a 4,50 euro per la confezione da 250g).

Per molto tempo ho associato l'idea del biologico a quella dell'ecologico. Ovvero ad un sistema di coltivazione e produzione più rispettoso dell'ambiente, con un prodotto che eventualmente costava un po' di più (a causa di una resa minore) ma più compatibile con Madre Natura e più sano. Invece qui il biologico è associato all'idea del lusso. L'illuminazione è diffusa e sprecata, l'aria condizionata a manetta (e siamo a metà ottobre). All'ingresso non c'è nemmeno una rastrelliera per le biciclette[2] e tutti i clienti che ho visto parcheggiavano l'auto. I banconi frigorifero erano un modello classico, aperti, che consumano di più rispetto a quelli dotati di sportelli. Alle casse infilavano i prodotti nei vecchi sacchetti di plastica indistruttibile (anche se quelli biodegradabili erano presenti, ovviamente con un considerevole sovrapprezzo).

Tutto ciò mi sembra poco etico, considerando che l'attuale crisi economica sta colpendo pesantemente molti paesi in via di sviluppo. Gli alimenti stanno diventando troppo costosi per una grande fascia della popolazione mondiale. Inoltre trattare il biologico come un prodotto di lusso azzera tutti i benefici di una coltivazione maggiormente compatibile con l'ambiente. Vendere il grano bio rivestito di confezioni costose e posizionarlo in un negozio che spende una grande quantità di energia solo per presentarlo meglio agli occhi del pubblico mi sembra una bestemmia contro gli stessi principii che veicola.

Forse è normale in una città come Vicenza, che vive di valori distorti e contrastanti tra di loro. Qui la le fabbriche hanno un respiro internazionale e vendono in buona parte all'estero, ma sono gestite in un'ottica da botteguccia familiare che passa da padre in figlio. I palazzi sono protetti dall'Unesco, ma in periferia si continuano a creare disastri architettonici. I vicoli medievali sarebbero perfetti per i pedoni e le biciclette, ma l'abitante del centro storico si sposta esclusivamente col SUV (larghi appena una spanna in meno rispetto alla strada).

Al di là del caso di questo singolo negozio ho cominciato a pensare a tutta la filiera degli alimenti "naturali". Alla produzione i prodotti biologici costano meno di quelli normali perché non hanno le stesse spese per fertilizzanti e pesticidi. Però una volta alla cassa il prezzo aumenta per diversi fattori che vanno contrastati. In particolare:

1) Spesso la certificazione dei prodotti è costosa perché richiede una spesa in interventi di controllo. Soluzione: agevolazioni fiscali per la certificazione dei prodotti biologici, creazione di standard di controllo più efficienti (magari anche a livello europeo).

2) I prodotti bio si conservano per un periodo più breve e sono venduti in piccola quantità. Questo determina un maggior spreco per quanto riguarda scarti e alti costi di trasporto e stoccaggio. Soluzione: il bio non può più essere considerato un prodotto d'élite. Deve essere venduto in quantità maggiori, attraverso una catena di vendita più efficiente e maggiormente concorrenziale, che permetta di abbassare i prezzi.

3) Il negozio biologico non è ecologico. Soluzione: chi vende bio deve diventare bio esso stesso. Modificandosi in modo da spendere meno energia e acquistando corrente elettrica da fonti alternative. Proponendo confezioni minime che abbassano la quantità di rifiuti prodotti. Spingendo i clienti all'uso di borse di stoffa e riciclabili. Favorendo l'uso della mobilità alternativa, con meno parcheggi per le auto e più per le biciclette.

Sicuramente un negozio così sarà meno luccicante delle botteghe di bio-lusso delle nostre città. Ma forse sarà un posto più giusto in un mondo che sta cambiando (in peggio) e che non può sopportare sprechi. Specialmente quelli di chi si fregia di difenderlo.




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[1] I privati che hanno costruito il complesso dovevano contemporaneamente realizzare un grande parco pubblico in cambio della licenza edilizia. La faccenda s'è trascinata per anni perché i costruttori, dopo aver messo in piedi gli edifici, si sono "dimenticati" di realizzare le opere pubbliche. Il parco è rimasto per molto tempo una zona degradata. Infine, quando l'area verde era quasi ultimata (non senza qualche contenzioso col Comune), c'è stato l'ennesimo blocco. In quella zona sorgeva una fonderia (da qui il nome Fornaci) e il terreno era inquinato. Sono dovuti passare molti anni e altri interventi di riqualificazione (credo anche a carico dell'Amministrazione) per poter aprire il parco al pubblico.

[2] Eventualmente era possibile lasciare la bici nelle rastrelliere a fianco, però si trattava di una struttura realizzata dal supermercato tradizionale che ha sede nello stesso edificio. Ovviamente anche questo supermercato è semi-abusivo come un po' tutto in zona (ha aperto senza avere i permessi necessari, poi, dopo un periodo in cui sembrava che dovesse chiudere, è sceso a patti con l'Amministrazione pagando gli oneri del caso. Eh, in Italia si condona un po' tutto).

5 commenti:

  1. i nomi.... vogliamo i nomi!!!
    a che catena appartiene codesto negozio?

    condivido le tue riflessioni ed aggiungo che chi ha problemi di alimentazione deve essere ricco per potersi permettere di mangiare cose che gli fanno bene, visto che il cibo "usuale" non lo può mangiare... per cui ancora una volta si specula sulla salute della gente, ed a capo chino si accetta la cosa...

    un intollerante ai latticini, al frumento, eccetera....

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  2. ah dimenticavo, il mio nome è Luigi De Frenza

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  3. Ciao Gigi!!! Mi sono trattenuto perché non volevo spalar fango, però hai ragione: per quanto riguarda l'abuso edilizio è tutto documentato (il Giornale di Vicenza ne ha parlato per mesi), per quanto riguarda il bio-lusso è una mia opinione, quindi legittima. Allora... il negozio che ha aperto senza licenza fa parte della catena Despar, quello biologico ma non ecologico si chiama Biosapori.

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  4. concordo con te su molti punti, anche se poi in quel negozio ci vado comunque perché ha dei prodotti che altrove non si trovano e una buona selezione di frutta e verdura.
    poi lì hanno il seitan e altri prodotti del genere del loro marchio, prodotti non molto lontano da vicenza (anche se al momento non ricordo precisamente dove), che costano meno di quelli delle solite marche, spesso tedesche o giù di lì.
    in effetti preferisco il naturasì sotto molti punti di vista, ma tieni conto che molti truzzi berici avrebbero paura di entrarci e vedendo il posto di cui hai scritti si dovrebbero sentire meno intimoriti. o almeno credo.
    ad ogni modo anch'io trovo ridicolo il discorso sulle buste di plastica e i frigoriferi. non penso sia così difficile munirsi di sacchetti di carta o di qualche altro materiale più ecologico..

    ciao ciao

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  5. Beh, come scelta di prodotti mi piace, la critica è ovviamente generale: secondo me il biologico dovrebbe costare quanto un prodotto normale, anzi, MENO, viste le sue caratteristiche. Mi preoccupa invece la deriva che sta prendendo nell'immaginario colletivo, specialmente l'equazione biologico=qualità=prezzo alto. Secondo me il prezzo di questi prodotti è tenuto artificiosamente alto. Ovviamente ai commercianti va bene così.

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