sabato 7 novembre 2009

Papaveri e baveri

Dove Eco vede sbocciare fiori vermigli in pieno Autunno

Che succede, cosa sono queste girandoline rosse che all'improvviso sbucano in tutti i baveri della gente per strada, oppure sui completi dei presentatori alla tv? Mi dimentico sempre di non essere in un paese indipendente ma in una nazione del Commonwealth. Il caffè lo compro sì in dollari ma sulle banconote c'è la faccia della nostra amata Elisabetta.

Questa settimana si celebra in Inghilterra e in tutte le nazioni del Commonwealth il Remembrance Day, meglio conosciuto da queste parti come Poppy day (il giorno del papavero). La festa si celebra dal 5 novembre e culmina l'11, quando all'undicesima ora dell'undicesimo giorno dell'undicesimo mese dell'anno si rispettano due minuti di silenzio. La data ricorda il giorno in cui s'è firmato l'armistizio che ha posto fine alla prima guerra mondiale, i due minuti ricordano le due grandi guerre. L'11 novembre è festa nazionale e si sta a casa! Per fortuna, ho proprio bisogno di un po' di tempo per poter ripassare i verbi modali.
Lascio la parola a wikipedia:
La relazione tra i papaveri e il Remembrance Day deriva dalla poesia "Nei campi di Fiandra", dell'ufficiale medico canadese John McCrae. L'emblema del papavero venne scelto perché questi fiori sbocciavano in alcuni dei peggiori campi di battaglia delle Fiandre nella I guerra mondiale. Il loro colore rosso è un simbolo appropriato per lo spargimento di sangue della guerra di trincea. Una donna francese di nome Madame E. Guérin introdusse l’utilizzo ormai diffuso dei papaveri artificiali distribuiti oggi. (Tipicamente, questi papaveri artificiali sono donati gratis, nonostante quasi tutti coloro che li accettano offrono una piccola donazione in cambio. Un dollaro è comune in Canada.)


sabato 24 ottobre 2009

In viaggio allucinante

Dove Eco racconta in breve (ma proprio in breve) il tragitto nell'etere e la sua attuale collocazione sulla costa pacifica

Osservo le onde dell'oceano Pacifico. Vi chiederete che fine ho fatto e perché non aggiorno da molto il blog. Ecco, già il fatto che sto osservano la costa pacifica dovrebbe essere un segno.
Ebbene sì, sono tornato in Canada e questa volta ci rimango per un po'. Mi scuso innanzitutto perché per i prossimi due mesi non potrò aggiornare con frequenza il blog (e lo scrivo in grassetto che non fa mai male). Un po' per impegni abbastanza serrati nella prima parte del mio viaggio, un po' perché al momento sono privo di portatile e aspetto il Boxing day (quando ci saranno saldi folli) per poterne pigliare uno.

Ma torniamo alla mia presenza nel sacro suolo canadese. Il tutto s'è svolto con un roccambolesco viaggio che è durato un'eternità tra voli cancellati e attese snervanti all'aeroporto di Amsterdam. Proprio per la mancanza di coincidenze ho raggiunto uno stato di concentrazione zen passando otto ore seduto su una poltrona all'aeroporto e osservando in lontananza il pigro mulinare dei generatori eolici al largo del mare del Nord.

Pure il volo non è stato dei più felici. Anche se ho cercato un posto intelligente con il check in online, in realtà sono finito su una seggiola spiaccicata sul muro della toilette (qui evito di descrivere l'allegro olezzo che mi ha fatto compagnia durante il viaggio).
Come al solito il viaggio trasatlantico non finiva più. Ho approffittato dell'occasione per analizzare il comportamento tenuto dalle mie vicine di seggiola (ebbene sì, ho avuto la fortuna di avere due belle ragazze bionde sedute a mio fianco). Alla mia sinistra una canadese, che ha ammazzato il tempo giocando con il solitario incluso nel menu del piccolo schermo a disposizione dei passeggeri e bevendo praticamente tutti gli alcolici che era possibile richiedere a bordo (memorabile la frase rivolta alla hostess: "coke and Baileys, please"). Alla mia destra una ragazza olandese che ha estratto un netbook e s'è vista due stagioni di Gossip Girl di fila. Da parte mia ho spremuto a fondo l'iPod ascoltando tutte le puntate accumulate di Condor e facendo un brevissimo sonno popolato da un incubo in cui Matteo Bordone era seduto sulle ali dell'aereo e rosicchiava cavi ed altri componenti cercando di far precipitare il veicolo.

mercoledì 14 ottobre 2009

Il biologico non è ecologico

Dove Eco visita un supermercato di lusso e riflette sul greenwashing imperante

Ho visitato un nuovo supermercato di bio-lusso aperto in città. Si trova nel complesso delle Fornaci[1], quell'edificio completamente rivestito di mattonelle bianche che si trova all'incrocio con viale Crispi. Un cubone che sembra un gigantesco bagno rovesciato come un calzino.

A differenza delle altre botteghe o minimarket biologici sparsi un po' ovunque a Vicenza, la dimensione di questo negozio è quella di un supermercato vero e proprio. Dentro c'è praticamente TUTTO, dalle radici di loto secche alle fasce porta neonato all'africana, ma non mancavano i prodotti più tradizionali, tutti biologici o del commercio equo. Considerevole il reparto di frutta e verdura fresca, nonché quello dei prodotti pronti e dei surgelati. Quello che mi ha colpito, però, è stato il prezzo della merce, al limite del ridicolo (ho visto pasta a 4,50 euro per la confezione da 250g).

Per molto tempo ho associato l'idea del biologico a quella dell'ecologico. Ovvero ad un sistema di coltivazione e produzione più rispettoso dell'ambiente, con un prodotto che eventualmente costava un po' di più (a causa di una resa minore) ma più compatibile con Madre Natura e più sano. Invece qui il biologico è associato all'idea del lusso. L'illuminazione è diffusa e sprecata, l'aria condizionata a manetta (e siamo a metà ottobre). All'ingresso non c'è nemmeno una rastrelliera per le biciclette[2] e tutti i clienti che ho visto parcheggiavano l'auto. I banconi frigorifero erano un modello classico, aperti, che consumano di più rispetto a quelli dotati di sportelli. Alle casse infilavano i prodotti nei vecchi sacchetti di plastica indistruttibile (anche se quelli biodegradabili erano presenti, ovviamente con un considerevole sovrapprezzo).

Tutto ciò mi sembra poco etico, considerando che l'attuale crisi economica sta colpendo pesantemente molti paesi in via di sviluppo. Gli alimenti stanno diventando troppo costosi per una grande fascia della popolazione mondiale. Inoltre trattare il biologico come un prodotto di lusso azzera tutti i benefici di una coltivazione maggiormente compatibile con l'ambiente. Vendere il grano bio rivestito di confezioni costose e posizionarlo in un negozio che spende una grande quantità di energia solo per presentarlo meglio agli occhi del pubblico mi sembra una bestemmia contro gli stessi principii che veicola.

Forse è normale in una città come Vicenza, che vive di valori distorti e contrastanti tra di loro. Qui la le fabbriche hanno un respiro internazionale e vendono in buona parte all'estero, ma sono gestite in un'ottica da botteguccia familiare che passa da padre in figlio. I palazzi sono protetti dall'Unesco, ma in periferia si continuano a creare disastri architettonici. I vicoli medievali sarebbero perfetti per i pedoni e le biciclette, ma l'abitante del centro storico si sposta esclusivamente col SUV (larghi appena una spanna in meno rispetto alla strada).

Al di là del caso di questo singolo negozio ho cominciato a pensare a tutta la filiera degli alimenti "naturali". Alla produzione i prodotti biologici costano meno di quelli normali perché non hanno le stesse spese per fertilizzanti e pesticidi. Però una volta alla cassa il prezzo aumenta per diversi fattori che vanno contrastati. In particolare:

1) Spesso la certificazione dei prodotti è costosa perché richiede una spesa in interventi di controllo. Soluzione: agevolazioni fiscali per la certificazione dei prodotti biologici, creazione di standard di controllo più efficienti (magari anche a livello europeo).

2) I prodotti bio si conservano per un periodo più breve e sono venduti in piccola quantità. Questo determina un maggior spreco per quanto riguarda scarti e alti costi di trasporto e stoccaggio. Soluzione: il bio non può più essere considerato un prodotto d'élite. Deve essere venduto in quantità maggiori, attraverso una catena di vendita più efficiente e maggiormente concorrenziale, che permetta di abbassare i prezzi.

3) Il negozio biologico non è ecologico. Soluzione: chi vende bio deve diventare bio esso stesso. Modificandosi in modo da spendere meno energia e acquistando corrente elettrica da fonti alternative. Proponendo confezioni minime che abbassano la quantità di rifiuti prodotti. Spingendo i clienti all'uso di borse di stoffa e riciclabili. Favorendo l'uso della mobilità alternativa, con meno parcheggi per le auto e più per le biciclette.

Sicuramente un negozio così sarà meno luccicante delle botteghe di bio-lusso delle nostre città. Ma forse sarà un posto più giusto in un mondo che sta cambiando (in peggio) e che non può sopportare sprechi. Specialmente quelli di chi si fregia di difenderlo.




___________________

[1] I privati che hanno costruito il complesso dovevano contemporaneamente realizzare un grande parco pubblico in cambio della licenza edilizia. La faccenda s'è trascinata per anni perché i costruttori, dopo aver messo in piedi gli edifici, si sono "dimenticati" di realizzare le opere pubbliche. Il parco è rimasto per molto tempo una zona degradata. Infine, quando l'area verde era quasi ultimata (non senza qualche contenzioso col Comune), c'è stato l'ennesimo blocco. In quella zona sorgeva una fonderia (da qui il nome Fornaci) e il terreno era inquinato. Sono dovuti passare molti anni e altri interventi di riqualificazione (credo anche a carico dell'Amministrazione) per poter aprire il parco al pubblico.

[2] Eventualmente era possibile lasciare la bici nelle rastrelliere a fianco, però si trattava di una struttura realizzata dal supermercato tradizionale che ha sede nello stesso edificio. Ovviamente anche questo supermercato è semi-abusivo come un po' tutto in zona (ha aperto senza avere i permessi necessari, poi, dopo un periodo in cui sembrava che dovesse chiudere, è sceso a patti con l'Amministrazione pagando gli oneri del caso. Eh, in Italia si condona un po' tutto).

sabato 10 ottobre 2009

Tanti auguri Billy

Dove Eco festeggia un coscritto, nato trent'anni fa ma degno rappresentate della nuova società liquida

Mi unisco ai festeggiamenti planetari per il compleanno di Billy, libreria che l'Ikea ha messo in commercio per la prima volta pochi mesi dopo la mia nascita.
Il successo di Billy sta nell'essere l'archetipo di libreria: quattro assi a formare un rettangolo, "tagliato" da cinque scaffali. La libreria, dunque, scesa dritta dritta dall'iperuranio. Forse il mobile più facile da montare della serie Ikea e sicuramente il più economico. Avevo pensato di acquistare la versione base profonda solo 30 cm, ideale per recuperare spazio nel corridoio.
Data la sua semplicità e serialità è un elemento ideale per essere costumizzato. Billy unisce in sé due elementi contrastanti ma tipici della società 2.0. Da una parte la moltiplicazione dello stesso elemento, una versione 3D del comando "copia e incolla". Dall'altra la personalizzazione per adattarlo alle esigenze di ciascuno. Ecco dunque una serie infinita di siti che raccolgono foto dove Billy regna sovrano: chi lo ha trasformato in una casa per le bambole, chi lo usa come testiera del letto, chi - con ripiani in vetro e abuso di lampade led - ne ha fatto una serra verticale d'interno. Googlate e prendete ispirazione dalle immagini. Prima o poi acquisterete anche voi un Billy, ma probabilmente non lo userete come libreria.

martedì 6 ottobre 2009

Internazionale a Ferrara

Dove Eco racconta la tre giorni emiliana sul giornalismo

Eccomi di ritorno da un intenso weekend a Ferrara per il Festival di Internazionale. Ringrazio pubblicamente F. che mi ha accompagnato.
Gli incontri sono stati tutti meravigliosi ed illuminanti, ho sofferto moltissimo per decidere dove andare perché si sovrapponevano un po' tutti e ho dovuto sempre rinunciare a qualche presentazione o incontro stimolante.

Benvenuti al Festival

Ovviamente il tutto era organizzato per spezzare il pubblico il più possibile: la massa di partecipanti era enorme, si stima una presenza di 35mila persone e più. Il clou è stato raggiunto con Saviano. Anche se abbiamo fatto tre ore di fila non siamo riusciti ad entrare in teatro. Al cinema Apollo, dove c'era un maxischermo che replicava l'intervento, non c'era spazio per uno spillo. La piazza era gremita nonostante il piccolo monitor svanito e una cassa penosa da cui uscivano suoni incomprensibili.
Spero che l'organizzazione s'ispiri all'esperienza dei TED e che metta online gli incontri (ho visto che sono stati tutti registrati).

Un'unica nota negativa. Gli abili commerciati della città si sono fregati le mani e non ci hanno pensato due volte. Siamo stati letteralmente pelati da ogni bar, osteria o ristorante della zona, dalla piadina a 5 euro fino al ristorante che per un antipasto e un primo ci ha chiesto ben 40 euro.

Alcune foto sul Flickr.

mercoledì 30 settembre 2009

Nella vecchia fattoria virtuale

Dove Eco rimane sbalordito dai social game dedicati all'agricoltura

Ebbene sì, Lady Obama non è stata la prima ad aver detto al mondo che zappare è figo (i primi sono stati gli amici del Guerrila Gardening di Vicenza), però ha convinto milioni di persone a piantare pomodori in un angolo del giardino.
Non mi vergogno di ammetterlo. Anch'io sono stato sedotto dalla zucchina. Non so se c'è una correlazione tra questo e l'incredibile successo che stanno avendo tanti videogiochi "agricoli" in rete.

Se siete presenti su FacciaLibro sicuramente siete stai invitati nel mondo di FarmVille. Lo scopo del gioco è quello di realizzare la propria fattoria con frutteti, campi e vari animali. Solo che, a differenza della realtà, per mungere una vacca o seminare il grano basta un colpo di mouse. Visto l'incredibile successo anche PlayFish (quelli di Pet Society) hanno creato un loro gioco di ruolo a tema vegetale: Country Story.

Io ho il mio piccolo orticello (reale, non virtuale) e vi assicuro che per ricavare due pomodori ed un peperone bisogna perdere un sacco di tempo, sudare un bel po' e finire divorati dalle zanzare. Per Michelle è facile fare l'orto di guerra: ha eserciti di giardinieri alle sue dipendenze. Ai nostalgici della vita bucolica consiglio di provare con una piantina di basilico sul balcone, sicuramente più utile di una piantagione a livello 30 di FarmVille.

martedì 29 settembre 2009

Modena, città pensante

Dove Eco racconta di vecchi amici e nuovi festival

Anche se un po' in ritardo segnalo la mia presenza al Festival Filosofia che s'è tenuto nelle città di Modena, Carpi e Sassuolo. Nella fattispecie sono stato ospitato da Dalomb, carissimo amico di vecchia data nonché ex collega di lavoro e da Gioraro. Modena è una bella città. La grande differenza che ho percepito rispetto a Vicenza è quella di un tessuto urbano coeso e di una grande attenzione al sociale. Insomma, lo stereotipo della città rossa emiliana è vero.

Filosofia in Piazza

Potete trovare qualche foto del festival e del mio soggiorno qui.
Da segnalare l'originale casa di Dalomb, a due passi dalla Torre Ghirlandina, e il fantastico ristorante FusiOrari, dove il cibo è consigliato e preparato da donne immigrate. Per i prossimi mesi ci saranno tre menu speciali (proposti a rotazione ogni due settimane) ispirati ai pranzi di matrimonio del Magreb, dell'India e del Giappone. Se passerete da quelle parti dovete provarlo.

lunedì 28 settembre 2009

Il mistero del pinguino della morte

Dove Eco rivela la sua grande passione e vi mette in guardia da un killer insospettabile

Nel mio personale elenco delle "persone che ti cambiano il modo di vedere il mondo" c'è sicuramente Ivan. Avete presente quella sensazione che si prova quando s'incontra una persona intelligente, fresca, che pensa come voi (però meglio) ed è più bella, alta e giovane di voi? Quelle persone per cui non si può provare un misto di invidia e ammirazione? Una di quelle persone incontrate per caso e di sfuggita e per cui non si può fare a meno di crogiolarsi nel rimpianto e pensare: "Mannaggia, se lo avessi conosciuto alle elementari-medie-superiori-università o se fosse stato compagno di oratorio-calcio-scout-qualsiasi-associazione oppure vicino-di-casa saremmo potuti diventare ottimi amici e la mia vita sarebbe cambiata in meglio"? Ecco.

Del mondo mistico e criptico che traspare dal suo blog, un post recente mi ha particolarmente incuriosito. Questo.
I più sono al corrente della mia insana passione per i pinguini. Quindi ho cercato maggiori informazioni su questo "The penguin of death", sicuramente potrebbe far bella figura nello scaffale di casa già zeppo di Pingu, storie di pinguini varie e pupazzi pinguinosi di ogni foggia e colore. Così ho scoperto la strana storia del pinguino della morte, una creatura che "ti attrae stranamente grazie al suo enigmatico sorriso" e che "ti può uccidere in ognuno dei 412 modi diversi" (questi sono i due avvisi segnalati sulla tazza-gadget).
La storia originale è di Edward Monkton, pseudonimo-personaggio di Giles Andreae. Andreae è un poeta britannico che ha avuto una vita particolarmente sofferta a causa di una forma di tumore ed è diventato famoso per una serie di personaggi disturbanti e decadenti che vengono utilizzati in UK per biglietti d'auguri, t-shirt, pubblicità, ecc, insomma, degli anti-Hello Kitty.

Non mi resta che cercare di recuperare "The penguin of death" e sperare di non esserne vittima.

domenica 27 settembre 2009

Pollice verde verso l'alto

Dove Eco segnala un racconto degli ultimi sviluppi del GG a Vicenza

Vi invito a leggere il bel post di Maggie. Non solo è una interessante descrizione personale del suo percorso "verde", ma racconta bene come si sta evolvendo il Guerrilla Gardening in città. Adoro questi ragazzi e vorrei fare di più per loro, purtroppo altri impegni incombono. Comunque se volete saperne di più e conoscere la fine dei 1200 bulbi andate qui.

sabato 26 settembre 2009

Meno MDMA, più HSDPA. Charlie non fa più surf su internet

Dove Eco si lamenta, disquisisce di doppini di rame e di nodi gordiani di Telecom Italia

Tutti sono a conoscenza del difficile rapporto tra me e l'Adsl. Nonostante i cambi di diverse compagnie telefoniche il problema è a monte. Anzi, a valle, ovvero nell'ultimo miglio del cavo telefonico, quei 100 metri di filo dalla centralina telefonica alla mia casetta.


Se l'aumento della concorrenza ha portato a molte diverse offerte e (in teoria) ad un risparmio delle tariffe, in Italia non c'è mai stata la liberalizzazione dell'ultimo miglio. Molte compagnie hanno aggiornato con fibre ottiche e linee ad alta velocità le proprie reti tra le città, ma portare fisicamente un nuovo cavo dalle centraline alle case degli utenti è troppo oneroso. A parte piccole zone cablate a Roma e Milano, tutti si affidano al vecchio doppino di rame per raggiungere le abitazioni. Doppino che è ancora strettamente in mano alla vecchia Telecom. Chiunque voglia fare un'offerta alternativa deve comunque pagare un dazio, un "affitto" alla rete di della vecchia Sip, che mantiene artificiosamente alti i prezzi anche dei suoi concorrenti. Andrebbe bene se con quei soldi la Telecom potenziasse e mantenesse in funzione la rete. Ma quest'ultimo tratto di cavo è il meno lucroso (in fin dei conti Telecom è costretta a cederlo a qualsiasi compagnia che lo chieda) ed è il più oneroso per quanto riguarda la manutenzione e ampliamento. Così è da diversi anni che interi hub sono lasciati marcire abbandonati a se stessi. Un esempio è la centralina a cui mi connetto: si trova legata ad un albero nel giardino di un mio vicino di casa, l'acqua penetra al suo interno ad ogni acquazzone e tutti i contatti all'interno sono ossidati. Le mie telefonate sono sempre accompagnate da crepitii e scariche elettrostatiche, se non da vere e proprie conversazioni di fondo effettuate dai miei vicini, di cui conosco ormai i più intimi segreti. Ovviamente anche il traffico dati è un disastro: velocità bassissima se non addirittura totale assenza del segnale Adsl. I tecnici Telecom che intervengono in caso di guasto ormai sono amici di famiglia visto che li ho chiamati moltissime volte. L'unica azione che posso fare è spostare il filo nella centralina da un attacco all'altro. Ma sono tutti ossidati e inutilizzabili.

Dalle mie parti è possibile scegliere tra Telecom, Tele2, Infostrada e decine di altri piccoli operatori locali. C'è pure la veloce rete in fibra ottica di Fastweb. Ma tutti questi concorrenti (anche Fastweb) utilizzano il doppino di rame per raggiungere la casa e quindi sono tutti, invariabilmente, bacati. In altri paesi europei - quando si è passati da un solo operatore nazionale a una pluralità di privati - si è difesa la trasparenza del business e i diritti dei consumatori affidando l'ultimo miglio ad un consorzio pubblico o misto pubblico e privato (con tutti gli operatori che partecipano in parti uguali). In questo modo nessuno ha interesse a danneggiare la linea o utilizzarla per guadagni facili. Visto che dopo anni di promesse anche il Wi-Max s'è rivelata una bufala, l'alternativa è la connessione dati per cellulare. Così ho detto addio definitivamente al fisso per passare alle famose "chiavette" usb che si connettono al pc. La internet pen, nata per la mobilità, probabilmente soffre nel rimanere perennemente collegata al mio pesantissimo e decisamente immobile iMac da tavolo. Inoltre le tariffe sono molto più care e non esiste un vero piano "flat". Questo salto generazionale mi sembra un passo indietro, un ritorno ai vecchi tempi e alla prima connessione internet che avevo negli anni novanta.

Nota per i nativi digitali, che non hanno ricordo di tali tempi: all'epoca si pagava un caro abbonamento annuale alla rete, nonché la chiamata telefonica quando ci si collegava col vecchio modem. Eravamo tutti maestri nel lavorare "off line", scrivere email e consultare pagine scaricate in precedenza e poi spedire ed aggiornare una volta collegati. Anche la consultazione online era sincopata e velocissima, con un occhio al contatore che segnava il tempo di connessione.

Eccolo spuntare di nuovo il contatore, dopo anni di flat. Ed ecco le mie abitudini cambiare radicalmente. Programmi che scambiano continuamente dati, come chat service, Skype e le applicazioni di Google sono inservibili. Addio Google Docs, bentornato TextEdit. Addio YouTube e Facebook, troppo avidi di dati. Il centro della mia vita digitale è tornato sulla comunicazione asincrona (email al posto delle chat) e s'è spostato su applicazioni più leggere (Twitter invece che Facebook).
In Italia il futuro sembra sempre più il passato. E non mi stupirei se la Fiat, tra qualche anno, presentasse la nuova auto ultratecnologica ad impatto zero: il calesse.

venerdì 25 settembre 2009

Viaggio allucinate sul Retrone

Dove Eco parla di kayak, dell'arte del governo sulle acque e della nutria assassina

Come sempre L. sa stupire. Migliore amica da sempre, per il mio compleanno mi ha offerto un regalo eccezionale: una lezione di prova di pagaia. Eccomi dunque in un soleggiato giorno di settembre a parco Retrone a Vicenza, dove un'ansa del fiume custodisce la sede dell'associazione Canoisti. Cominciamo subito la lezione con un minimo di teoria: come tenere la pagaia (a doppia pala), i movimenti base per andare dritto, sterzare, la "retromarcia". Poi, a tradimento, vengo calato in acqua.

Secondo wikipedia kayak significa "barca degli uomini" (piccola e veloce, adatta alla caccia), e si contrappone a umiak, "barca delle donne" (grande, con spazio per i figli e materiale). Sarà, ma in questa fiera imbarcazione inuit non faccio una figura molto maschia. Un solo colpo di pagaia e la canoa comincia a roteare come l'ago di una bussola al Polo Nord e pure la pigra corrente del Retrone sembra un ostacolo insuperabile per le mie braccine fuori allenamento. In pratica procedo a zig zag andando a sbattere prima su un argine e poi sull'altro. Ben presto la distanza tra me e i kayak di L. e dell'istruttore si rivela insormontabile. Per di più, avvicinandomi al bordi, sono preso dal terrore: le nutrie, toponi dotati di lunghi baffi, sono di sicuro acquattate sulla riva, pronte a prendermi a morsi. Non le vedo ma sento i terribili sibili d'avvertimento che lanciano contro l'intruso (cioè il sottoscritto). La tensione che sento alle spalle non aiuta certo a trovare il giusto ritmo e la coordinazione per muovere la pala di propulsione. Insomma, un disastro. Ma per qualche breve istante la canoa fila miracolosamente dritta sulle acque con sicurezza e velocità e percepisco la gioia che possono provare certi personaggi (come Matt) quando si muovono in silenzio sull'acqua. Un contatto quasi carnale tra l'essere umano e la natura. Un piccolo momento di felicità in un pomeriggio di terrore e sudore, ma ne è valsa la pena.

giovedì 24 settembre 2009

Un eco di ritorno

Dove Eco fa una dichiarazione d'intenti e disquisisce sul passato

Salve a tutti. Come sanno i carissimi amici che mi seguono da tempo sul web la mia incursione nel mondo dei blog ha avuto fortune alterne.
Il primissimo ecodallaluna.com era un diario personale con un piccolo tocco glam, alla ricerca di quel poco di chic che c'era a Vicenza. Forse un progetto troppo pretenzioso per l'epoca e sicuramente naufragato per l'eccesso di impegni del sottoscritto (nonché per la totale assenza di glam nel capoluogo berico). Più logico il mini-diario delle vacanze dell'anno scorso, ovvero MarpleStory, ancora visibile su splinder. Il successo era relativo alla breve durate dell'opera (limitata al mio soggiorno in Canada) e allo scopo ben preciso: raccontare le mie vacanze in modo pubblico per evitare di perder tempo a ripetere le stesse storie a tutti.

Ritento l'avventura del blog partendo da una piattaforma semplice e molto mainstream come quella di Blogger. Cercherò di usare questo contenitore per unire i vari canali dove al momento sono frammentate varie informazioni: Facebook, Flickr, Twitter, YouTube. Ma allo stesso tempo come diario per il mio nuovo - e spero entusiasmante per me e per voi - soggiorno a medio termine a Vancouver. Come al solito il tutto sarà arricchito da racconti e riflessioni (echi) su quello che mi passa per la testa.

Vi ringrazio fin da subito per ogni commento che scriverete. Spero che le vostre note siano d'incoraggiamento, anche se vi adoro quando mi massacrate.